Grotte di Torre Talao

Isolotto della Torre Talao agli inizi del 900 visto dalla spiaggia (31373 byte)L'isolotto della Torre Talao, dominato dall'omonima torre aragonese ed  oggi completamente inglobato nella terra ferma, è caratterizzato dalla presenza di cavità naturali che hanno offerto  riparo a gruppi di cacciatori e pescatori del Paleolitico Medio. Forse queste grotte costituiscono il più importante complesso musteriano della CalabriaIsolotto della Torre Talao agli inizi del 900 visto dalla Petrosa (44503 byte) (contemporaneo all'uomo di Neanderthal caratterizzato da strumenti di  pietra differenziati nell'uso e più perfezionati). Sicuramente è quello che ha segnato l'inizio delle ricerche sul Paleolitico Calabrese. Il complesso ha anche avuto la sorte di essere, ad oltre un secolo dalla scoperta, pressoché sconosciuto.  Quindi i risultati di un lungo interessamento si sono tradotti nella distruzione di parte dei depositi e nella mancanza di informazioni utilizzabili sulle industrie che così rimangono sostanzialmente inedite. Alle prime notizie sulla grotta, datate fine '800 per merito di Lovisato e Lacava, seguì un saggio di Patroni che individuò il carattere musteriano della grotta. Le ricerche furono proseguite dal proprietario della grotta, Del Giudice, su consiglio di Aldobrandino Mochi che nel 1914 schizzo di un grattatoio con scheggia ritrovato (11975 byte) vi intraprese il primo ed unico scavo  condotto con metodi scientifici nel quale si evidenziò il problema dell'associazione di una industria musteriana dai caratteri evoluti con una fauna di tipo caldo. Nel 1932-33 vengono ripresi gli scavi da Topa. La conseguente pubblicazione segna un notevole passo indietro non solo nei confronti del lavoro svolto dal Mochi ma anche da quello svolto dal Patroni. Infatti vi fu un completo fraintendimento delle industrie e la loro attribuzione al Paleolitico Superiore contro ogni evidenza paleontologica e stratigrafica. La mancanza di metodo nel condurre gli scavi, la descrizione del tutto inadeguata degli strumenti, l'illeggibilità dei disegni, molti dei quali dedicati a semplici schegge ossee scambiate per manufatti, fanno sì che i soli dati utili ricavabili dal lavoro del Topa siano gli elenchi delle faune, determinate in gran parte da Cardini, i quali confermano ed arricchiscono il quadro già noto dalle ricerche precedenti. Con il sopralluogo condotto nel 1957 da Blanc e Cardini si accertò la presenza di una ancora ampia porzione di deposito archeologico spesso circa 10 m. sovrapposto ad un lembo di spiaggia. In tale occasione venne  preannunciato un programma di ricerche e scavi sistematici nella grotta che però non è mai stato attuato. Quindi, sulle caratteristiche dell'industria ci sono solo indicazioni generiche. Si tratterrebbe di manufatti di dimensioni ridotte tratti da diaspri e selci con una forte schizzi di alcuni raschiatoi ritrovati (47461 byte) frequenza di raschiatoi che presentano un ritocco a scaglie di tipo semplice. In base a questi tratti e alla tecnica di scheggiatura, che è per lo più di tipo non levallois, l'industria di Scalea parrebbe definibile come un musteriano di tipo La Quina. Per quanto concerne la fauna, abbiamo molte più informazioni anche se mancano indizi sulla provenienza stratigrafica dei singoli reperti e sulle frequenze delle singole specie. Vi compaiono: elefante, rinoceronte, ippopotamo, bue primogenio, bisonte, cavallo, orso, cinghiale, cervo , daino, capriolo, leone e iena delle caverne, confermando il tipo di fauna calda o almeno di ambiente temperato che è stato tradizionalmente attribuito a questo complesso. Tutti i reperti ritrovati sono attualmente conservati nel musei archeologici di Reggio Calabria e di Lamezia Terme